la parola alla mente arcaica

  •                La fine di febbraio gia preannunciava una primavera imminente. Il pomeriggio era tiepido mentre giocavo nel cortile. Bambini urlavano e si rincorrevano, erano piu grandi di me, così finiva sempre  che rimanevo lasciata in disparte. Attirata dal passaggio della gente sulla strada, mi aggrappai al cancelletto di legno che da essa mi separava e rimasi ad osservare. Indossavo un paio di sandalini di tela a quadretti bianchi e rossi. Vidi in lontananza il nonno. Abitava al di là della via, e ogni giorno, nel tardo pomeriggio, faceva una capatina a salutarmi prima della consueta preparazione della sua cena solitaria.
  • Entusiasta uscii dal giardino per andargli incontro, ma mi fermai subito perchè vidi un enorme camion rosso correre verso di me. Mi voltai in fretta e afferrai il reticolato che cintava il mio giardino. Con le spalle alla strada pensai di non muovermi finchè non fosse passato il ferroso gigante scarlatto, ma non feci nemmeno in tempo a realizzare il pensiero che caddi. La terra sabbiosa che avevo sotto i piedi mi fece scivolare con le gambe sulla strada, e fu in quel momento che il camion passò.
  • Ora è inutile che io mi chieda il perchè e il per come, e chi decise che per me quello doveva essere il momento fatidico, fatto sta che le cose andarono così.
  • Il ricordo piu vivo di quella giornata è l’espressione contrita del nonno, le lacrime che gli rigavano il volto, e le sue forti mani nodose che mi raccolsero, con pietà, con amore. E’ in quel viso e in quelle mani di vecchio triste e addolorato che oggi rivedo il succedersi di quel giorno che ha segnato la mia vita, perchè da quel viso e da quelle mani, in quel momento, trasparì un sentimento immenso, che veniva dal piu profondo dell’anima, che tranciava le parole, che ti avvolgeva come una calda coperta, un sentimento color giallo ocra. 
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