Le mie scarpe nuove

  • -Le mie scarpe?-  chiesi a Pulce.
  • -Sono le mie scarpe?-
  • Ella mi guardò e sorrise, ma la melanconia trasparve.
  • Durante tutti i suoi 33 anni non mi aveva mai vista con un paio di scarpe normali.
  • Dovevo metterle nel borsone gia pronto in camera da letto, l’indomani sarei stata ricoverata per l’intervento. Da 50 anni portavo le uniche scarpe che mi permettevano di camminare,  scarpe ortopediche su misura che mi avevano dato per anni l’illusione di aiutarmi a condurre una vita pressochè normale.
  • Grazie a tutte le officine ortopediche che in  questi anni hanno fatto si che potessi, almeno in parte, vivere la mia vita. Ultima ma non ultima l’Ortopedica Fossanese di Fossano Piemonte.
  • Da quel fatidico giorno in cui un camion transitò sulle mie gambe (rif. all’articolo ” La parola alla mente arcaica ”  cat. GIALLO OCRA) subii un fracco di interventi che furono decisamente determinanti per la risolutezza di molti problemi, ma non riuscirono purtroppo a ricreare un piede da un ammasso scomposto di ossa e muscoli.
  • Per 50 anni il dolore mi ha accompagnata quotidianamente, a volte piu leggero, a volte insopportabile. Il parere dei medici era unanime. La mia situazione non poteva migliorare se non con l’amputazione.
  • Per anni ho pensato che prima o poi avrei dovuto accettare la cosa, ma finchè riuscivo ad andare avanti, il mio piede mi avrebbe certo sorretto meglio di uno finto.
  • Nel gennaio di quest’anno la situazione si aggrava. Il dolore ingigantisce ed io non so il perchè. In breve tempo sono allettata e riesco a sopravvivere solo con l’uso di forti calmanti.
  • Quando mi presento al Santa Corona di Pietra Ligure per una visita specialistica, mi accoglie Carla, l’infermiera che, vedendomi in difficoltà  e l’aria sofferente, mi aiuta ad accomodarmi e mi dice che mi farà passare il prima possibile. Detto fatto mi ritrovo nello studio di un medico, certo dott. Andrea Antonini.
  •  Giovane, con i capelli ribelli che sembra non vogliano mai stare al loro posto, il camice sbottonato come se lo avesse appena infilato, ma proprio perchè deve. Serio e compassato, gentilmente mi invita ad esporre il mio problema.
  • Non mi dà troppo affidamento. Penso ” questo è un altro di quelli che non gliene puo fregà de meno!” forse sono prevenuta, ho incontrato troppi medici così nella mia vita.
  • Mi visita, e mentre mi parla inizio, senza quasi  accorgermene, a cambiare idea.
  • – Osteomielite -è la sua diagnosi.Tutto il dolore che ho è dovuto a questa patologia di cui io non conosco nulla, lui sa tutto.
  • Non si cura, si puo solo operare. Incomincia a prospettarmi l’ intervento ricostruttivo, con delicatezza, quasi per non farmi male, mi racconta cosa sarà.
  • Prelievo di tessuti in altre parti del corpo, ricostruzione in loco, l’attesa dell’attecchimento e della cicatrizzazione delle lesioni, intervento molto lungo, post operatorio altrettanto lungo e nessuna garanzia per il futuro, date le condizioni gia tanto  precarie.
  • D’impeto mi ritrovo a chiedergli come giudicherebbe la mia scelta di prendere in considerazione l’amputazione, e nello stesso momento in cui le parole mi escono di bocca, mi sto gia chiedendo se per caso sia stata colta da improvvisa imbecillità fulminante.
  • Lui mi guarda, pare un po incredulo della mia convinzione, ma mi fornisce tutte le indicazioni che possono schiarirmi le idee , infine aggiunge che anche secondo lui sarebbe la scelta migliore.
  • ” Grazie eh! ” penso.
  • ” No! no! ma se vuole anche piantarmi un coltello nel cuore faccia pure eh! son qui apposta! “
  •  Seduta sul lettino guardo il mio piede e gli dico tra me e me ” E’ arrivato. Il momento è giunto. Ci siamo. Lo aspettavamo io e te, bè, adesso è qui. Tocca a noi. “
  • Il dott. Antonini mi appare sempre piu Medico, come quelli che sanno il fatto loro, dalle sue movenze e dal suo modo di esprimersi trapela il sentimento. Un essere umano finalmente! anche nella sanità!  da non crederci!
  • Mi prospetta quella che sarà la mia vita da amputata, e con chiarezza mi espone giorno per giorno quel che mi aspetta. Non so come, ma rimango della mia decisione e, presi gli ultimi accordi, torno a casa con un macigno sul petto.
  • Il 27  marzo ricovero d’urgenza per aggravamento,parto con le mie scarpe nuove nel borsone, uscirò dall’ospedale con la protesi. Mi chiedo che effetto mi farà vedermi senza piu il mio vecchio piede malandato.
  • Il 28 sera il dott. Antonini mi opera. Quando mi sveglio ormai nella mia camera, la prima cosa che faccio è guardarmi la gamba. Nessun effetto strano, è proprio come l’avevo immaginato. Tutto ad un tratto realizzo che il mio non era un piede ma un’appendice deteriorata ed estremamente dolorante. Provo un profondo senso di libertà, e tutto intorno a me lentamente si tinge di un leggero color giallo ocra. Credo di essere felice. Mi riaddormento.
  • Ora sono un’amputata, porto la protesi, e indosso scarpe normali.
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   Il  dolore è dimenticato ed ho ritrovato il piacere di camminare, poter fare una passeggiata guardando le vetrine,   fare una gita con le amiche e col tempo forse tanto di piu. Tutte cose che ormai da tempo mi ero rassegnata a non poter piu fare. Una parte di me non c’è piu, ma non mi manca. Mi sento diversa,  ho l’impressione che sia cominciata una fase di recupero di quel che ero. Qualcuno che era gia dentro di me e che solo ora si sforza di uscire, con fatica, ma anche con compiacimento. Un nuovo corpo, una nuova anima, una nuova mente. Uno sguardo al futuro.

  • Ringrazio di cuore il dott. Antonini e tutto il personale medico ed infermieristico dei reparti MIOA e  Riabilitazione del Santa Corona per la dedizione e la passione con cui lavorano. Un grazie a Cinzia, la fisioterapista che mi ha aiutata a recuperare sicurezza e padronanza di movimento, e a Cri per esserci stata.
  • Un grazie ancora al dott. Medda del reparto ortopedia, perchè quando ero ancora in carrozzella, prima di poter indossare la protesi,senza appuntamento  sono andata davanti alla porta del suo studio, pronta ad attenderlo per ore, allo scopo di chiedergli un’informazione per me importante, e quando è uscito e mi ha visto, si è avvicinato, si è accucciato di fianco a me mettendosi al mio livello, e mi ha chiesto:- Mi dica, cosa posso fare per lei?- Dopo quell’incontro si è interessato per aiutarmi a superare un ostacolo, ma questa è un’altra storia, ne parlerò prossimamente.
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