Terapia d’urto ( racconto )

  •                           Via Roma era buia, deserta, l’asfalto, lucido per la pioggia, rispecchiava i bagliori dei lampioni amici della notte.
  • Solo il motore acceso dell’auto di Jessica, ferma davanti al mio portone, interrompeva il tichettare monotono delle gocce d’acqua.
  • Da dietro la finestra vidi Giulia attraversare di corsa il marciapiede coprendosi la testa con la borsetta.
  • Mi aveva appena salutata – ciao mamma, io vado .-
  • Mi aveva baciata ed era scappata via contenta, era sabato sera e lei ormai aveva compiuto vent’anni, dovevo proprio smetterla di essere così apprensiva.
  • Salì in auto e partirono, le guardai scomparire all’incrocio con via Giusti e lasciai ricadere la tenda.
  • Aveva conosciuto Jessica un po di tempo prima, al corso d’informatica,finalmente si era fatta un’amica, ero stanca di vederla dedicarsi esclusivamente a libri e palestra; da quando suo padre morì raddoppiai il mio amore per lei e rafforzai la mia dedizione nel cercare di farne una donna di sani principi morali.
  • Aveva  confidenza con me, mi raccontava ogni cosa, parlavamo senza remore di qualsiasi argomento, sapevo persino che non aveva ancora avuto rapporti sessuali, e che la cosa non le procurava alcun problema, viveva serena, un po oziosa,amante della pace e della buona musica, ma mi pareva un po spenta e sbiadita prima di conoscere Jessica, ora invece usciva, andava a ballare, vedevano amici, e tutto ciò mi sembrava piu adatto alla sua età, anche se fino a quando non rincasava io non riuscivo a prendere sonno.
  • Guardai un film, poi me ne andai a letto con “I Pilastri della Terra” di Follet, come al solito ero in ritardo per la restituzione in biblioteca, ma quello era un così bel libro che non lo si poteva leggere di corsa. Sprofondai nel paesaggio medievale dal punto in cui lo avevo lasciato in attesa, ma dopo pochi minuti sentii che la mente voleva andarsene per conto suo, facevo fatica a seguire la lettura, finchè presi davvero coscienza del fatto che c’era qualcosa, una strana sensazione, come un tarlo che, a pensarci bene, mi infastidiva da giorni.
  • Se ne era andato in ombra, soffocato dagli altri mille pensieri quotidiani, svolgevo il mio lavoro di assistente sociale da venticinque anni con soddisfazione, ma a volte comportava un particolare impegno che mi assorbiva completamente, ed ora…..eccolo li, si era fatto riconoscere.
  • Mi accorsi subito che il solo averlo messo in evidenza mi aveva sollevata ma non bastava, tentai di capire in che cosa consistesse una tale apprensione, ma non riuscii a venirne a capo, così mi rigettai in pieno XIV secolo curiosa di conoscere una civiltà e una cultura tanto diverse dalla nostra.
  • Anche questa volta però durò  poco, ora che l’avevo messa a fuoco, quella sensazione si impose con tale prepotenza che fui obbligata ad alzarmi.
  • Decisi di farmi una camomilla e intanto tornai col pensiero a Giulia, l’inconfessata inquietudine che provavo era legata a lei, ora ne ero sicura, ma che motivo c’era? ero una mamma fortunata, mia figlia non mi aveva mai dato grossi problemi, durante gli anni della sua adolescenza avevo temuto fantasmi d’ogni sorta, ma ora da circa un anno lavorava come segretaria in un ufficio commerciale, si era trasformata in quella giovane donna rispettabile, retta ed umile che avevo desiderato, di che cosa ancora dovevo preoccuparmi insomma? bevvi la camomilla e mi rimproverai una buona dose di iperapprensivismo, avrei dovuto impegnare il mio tempo libero in qualcosa di piu costruttivo anzichè sprecarlo a rimuginare senza sosta come una vecchia pentola di fagioli e …però…..forse c’era una nota stonata. Si, Giulia non mi parlava piu di Jessica.
  • Quando la conobbe, per un po non fece che parlare di lei, del suo spiccato senso dell’umorismo, del suo modo spregiudicato di affrontare il mondo, della sua risolutezza che non cadeva mai nella prepotenza, delle sue idee stravaganti ma intelligenti. Era anche venuta in casa una volta,era davvero una bella ragazza, un po troppo truccata forse, ma non volgare, slanciata, bruna, con minigonna e tacchi alti, senza dubbio una donna di classe.
  • Da un po di tempo però, ogni volta che si parlava di lei Giulia tagliava corto, cercava sempre di cambiare discorso, me ne stavo rendendo conto solo ora, ma non era il suo modo naturale di fare, sembrava volermi nascondere qualcosa.
  • Avevo acceso la TV, abbassai l’audio, disturbava i miei pensieri. Guardai di sotto attraverso il vetro grondante della finestra, non aveva ancora smesso di piovere, scorsi, come attraverso ad una lente,tre figure un po deformi venire avanti nella notte. Quando furono abbastanza vicini al lampione riconobbi due ragazzi e una ragazza, avranno avuto dai quattordici ai sedici anni, sicuramente non uno di più. Si fermarono  sotto l’acqua, uno attendeva sul ciglio del marciapiede mentre gli altri due si baciavano appassionatamente addossati al muro, lui la tastava ovunque con avidità. Mi soffermai ad osservare indiscreta finchè l’altro ragazzo si avvicinò ai due, abbastanza da far  notare la sua impazienza, allora quello che era avvinghiato alla ragazza si scostò e, allontanandosi……gli lasciò il posto.
  • Mi assalì un moto di tristezza e feci ricadere la tenda. Dio mio, cosa mi nascondeva Giulia?
  • Alle due e un quarto sentii la chiave girare nella serratura, cercai di darmi un tono osservando con finta attenzione il televisore che da ore parlava senza che io avessi ascoltato una sola parola. Mi ripromisi di non aggredirla, di interrogarla con calma, senza lasciarmi assalire dalla bramosia di voler sapere tutto e subito. Dovetti riuscirci perchè ella si sedette disposta a fare una bella chiacchierata.
  • – Sapevo che prima o poi avremmo dovuto parlarne, ma mi preoccupava il modo in cui l’avresti presa – mi disse in tono riservato, amichevole, quasi segreto.
  • Era un modo gentile per dirmi che non avrei capito? mi giudicava una vecchia donnetta che faceva dei propri quarantacinque anni un sarcofago pieno di nozioni antiquate?
  • Ero ancora giovane e di idee aperte invece! ben disposta verso le innovazioni e lei lo sapeva, cosa le prendeva adesso?
  • – mamma…..Jessica…..non è così come si presenta, è ….diversa! –
  • aggiunse.
  • Tirai un sospiro che mi inondò d’aria i polmoni ed ebbi un capogiro. Era un uomo! era tutto lì dunque! non lo avrei mai detto, mi era sembrata una così bella donna! ad ogni modo il fatto era che mia figlia aveva un amico gay. Bè, certo avrei preferito un’amicizia più normale ma…. 
  • – Amore, avresti dovuto dirmelo subito! –
  • Giulia mi guardò con tenerezza e poi continuò. Le parole le uscivano di bocca una dopo l’altra, lente ma decise, e ad una ad una mi colpivano come macigni.
  • Mi sentii sempre più pesante sulla sedia di vimini, accesi una sigaretta, la parete di fronte a me parve allontanarsi, la stanza divenne enorme per un attimo, poi tutto tornò al suo posto ed io realizzai ciò che Giulia mi aveva appena detto.
  • Jessica si chiamava in realtà Alessandro Dilimberti, ma a causa di qualche scherzo genetico, si sentiva una donna, e come tale aveva scelto di porsi nella società. Sessualmente però, era giunto a persuadersi, di desiderare le donne.
  • Per un certo periodo in passato aveva condotto ricerche e svolto indagini di ogni sorta, si era messo in discussione leggendosi dentro diceva. Finchè aveva deciso che avrebbe vissuto la sua vita senza piu rinunce ne freni inibitori.
  • Giulia e Alessandro avevano deciso di andare a vivere insieme e di creare una nuova famiglia.
  • Parlammo per ore quella notte, ma alla fine capii che la loro decisione era definitivamente presa ed entrai in una profonda crisi che durò giorni e giorni, durante la quale tutte le mie convinzioni sulla vita, i canoni che avevo seguito e che avevo insegnato a mia figlia, i miei fondamenti sulla morale, i miei criteri essenziali, andarono tutti a farsi benedire. Non sapevo più cosa fosse normale e cosa non lo fosse, e mentre qualche incontrollata lacrima, silenziosa, mi rigava il volto, con gli occhi della mente vedevo Jessica rincasare dal lavoro, dare un bacio a Giulia e abbracciare il loro bambino che la chiamava “papà”. La vedevo entrare in bagno e poco dopo ne vedevo uscire Alessandro in accappatoio che chiedeva cosa c’era per cena.
  • Le colleghe di Giulia avrebbero creduto che lei fosse omosessuale e si sarebbero chieste chi l’avesse fecondata, e i compagni di scuola di mio nipote si sarebbero domandati quale delle due potesse essere la madre.
  • Ora son qui, ad analizzarmi ancora una volta e a chiedermi perchè non ci sia nessuno che ci aiuti a capire.
  • La televisione e le riviste ci bombardano di consigli e richiamano il nostro senso di responsabilità nei rapporti con gli anziani, tanto che se per un giorno ti dimentichi di telefonare a tua suocera ti assale un senso di colpa insistente che ti perseguita finchè non ti decidi ad alzare la cornetta e comporre il numero.Non parliamo poi di ciò che dovremmo essere in grado di fare con i giovani! farci carico dei loro problemi, saper leggere dentro di loro e consigliarli senza imporsi, non far mai mancare il nostro appoggio nei momenti di sconforto, non negar loro troppo e non permettere a dismisura.
  • Tutto questo è molto giusto e adeguato, ma io questa sera mi sento tanto sola e fuori posto, mi par d’essere nata in un mondo e trovarmi di colpo catapultata in un altro a metà della mia vita e allora penso che per noi genitori, a cavallo tra il II e il III millennio, il doverci dividere tra il lavoro, la casa, la famiglia e i parenti anziani, non sia più un problema, perchè il vero rompicapo adesso è come fare ad inserirci in questa nuova società tanto anticonformista e contro la nostra corrente da ribaltare completamente le radici e le origini della nostra cara vecchia famiglia, una famiglia che pare abbia fallito, e che si sia deciso quindi di cambiare. Gli esempi sono multiformi. Neomamme sessantenni, bimbi senza madre ma con due padri, piccoli seminati come grano in solchi uterini presi in prestito, nonne che raccontano favole al nipote che hanno partorito e coppie “regolari” che decidono di non andare incontro al rischio di mettere un nuovo essere in questo strano mondo.
  •                        Guardo fuori dalla mia finestra, è giorno, il sole splende, la strada è animata, tutto sembra come sempre, consueto , solito, ma il III millennio è appena cominciato e noi, contaminati dal virus di fine novecento, che vorremmo cullarci nel sopore del nostro confortante malanno, a malincuore ci prepariamo a sottoporci alla vaccinazione coatta del duemila, sperando di sopportarne gli effetti collaterali.